venerdì 4 giugno 2021
lunedì 24 maggio 2021
Enrico Letta, la dote ai 18enni, la polemica, l'indifferenza
Di fronte alla proposta di Enrico Letta di tassare chi è ricco per dare una “dote” ai nostri giovani si può condividere o si può essere contrari. Si può discuterne i tempi e l’opportunità, si possono proporre strade alternative, ci si può confrontare democraticamente con sincerità e pacatezza ma non penso si possa dire che l’obiettivo che si pone la proposta non sia essenziale e necessario.
Stiamo parlando dei nostri giovani che oggi devono affrontare un mondo a loro poco favorevole.
A partire dalla formazione scolastica sempre meno adeguata ad aiutare il giovane a costruirsi un futuro dignitoso, una università che sforna disoccupati senza prospettiva di trovare un lavoro adeguato agli studi fatti.
E che dire del mondo del lavoro dove l’accesso per i giovani è sempre difficile e precario: periodi di stage spesso gratuiti o con miseri rimborsi, contratti rinnovabili di mese in mese, diritti acquisiti che per loro sono diventati chimere, stipendi da fame coi quali è difficile pensare di costruirsi famiglia. Se poi sei donna i problemi raddoppiano.
E’ chiaro che in queste condizioni i nostri giovani hanno bisogno di un’aiuto.
Su questo mi aspettavo si aprisse un serio dibattito ed invece tanti detrattori che sputano sentenze contro Letta, le tasse, la sinistra che vuol rendere poveri i ricchi, e via dicendo.
In questi giorni mi è capitato di leggere questa dichiarazione di un noto parlamentare tale Salvini: "Da Bertinotti a Letta il filo conduttore della sinistra non cambia. Ma qual è il problema dell'idea bislacca di far piangere i ricchi? Se tu tassi la tassa di successione, tassi il mazzo che mi sono fatto e invece che premiarmi, mi tassi". "Essere ricco non è una bestemmia, l'obiettivo delle sinistra è far star peggio chi sta meglio".
A questo geniale politico vorrei dire poche e semplici cose: tassare l’1% dei ricchi milionari di questo paese, non è per farli piangere ma per ricordare loro che ci sono persone meno fortunate che si fanno tutti i giorni il mazzo per poche centinaia di euro, facendo lavori duri e usuranti per mantenere la loro famiglia. Queste persone
non hanno soldi per comprarsi la casa e fanno fatica a pagare l’affitto a fine mese.
Fanno grandi sacrifici che non sempre sono sufficienti per far studiare i propri figli, per dar loro la giusta formazione e una vita normale e dignitosa, diritto per altro sancito dalla nostra costituzione.
Chiedere, a chi vive nel benessere e può permettersi una vita da ricco, di contribuire/condividere con una piccola parte della sua ricchezza per aiutare chi è stato meno fortunato di lui e che, data la giovane età, ha il diritto di ricevere l’aiuto necessario da uno stato che ha come primo compito quello di praticare la giustizia sociale e mettere tutti i cittadini nelle condizioni di avere pari opportunità nella costruzione del proprio futuro.
Su una cosa sono d’accordo con Salvini: essere ricco non è una bestemmia, abbandonare milioni di persone nella povertà questa si è una bestemmia e una grande vergogna.
Solidarietà, equità e giustizia sociale, attenzione agli ultimi, sono valori fondanti della nostra Costituzione che politici come voi stanno tradendo.
mercoledì 6 luglio 2016
Italia crassa ignoranza
In Italia vi sono due generi di recessioni: quella economica (sempre in agguato) e quella culturale. A questo proposito, è illuminante riflettere sui dati contenuti nell’ultimo annuario statistico dell’Istat uscito lo scorso gennaio. Questa sera, nel leggerlo, sono rimasto scioccato. Oltre la metà della popolazione nostrana nel 2015 non ha mai sfogliato un quotidiano e sei persone su dieci non hanno letto nemmeno un libro. Il 68,3% non ha visitato musei.
Quasi il 60% usa pc e internet. L’88,3% degli italiani l’anno scorso non è andato ad un concerto di musica classica (il 78,8% ha disertato anche i concerti di musica moderna o contemporanea), e quasi l’80% non è stato a teatro. Il cinema è sicuramente più frequentato ma anche in questo caso, la percentuale è bassa: il 48,9% non ha mai visto un film sul grande schermo nell'ultimo anno, e tra gli over 75 anni la percentuale sale finanche al 90%. A mio avviso, lungi da ogni disfattismo, non si tratta di uno dei tanti problemi italiani; bensì, del principale problema che impedisce a questo paese di crescere.
Il linguista Tullio De Mauro, in questi anni, con grande dedizione, ha studiato attentamente il fenomeno dell’ignoranza in Italia ed è giunto a queste conclusioni: “Cinque italiani su cento tra i 14 e i 65 anni non sanno distinguere una lettera da un’altra, una cifra dall’altra: sono analfabeti totali. Trentotto su cento lo sanno fare, ma riescono solo a leggere con difficoltà una scritta semplice e a
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martedì 27 ottobre 2015
“Questa economia ci consuma: la moralità ormai è merce” (di Zygmunt Bauman)
Vogliamo godere di una vita ricca, abbiente, il che ci ha orientati ad assumere come principale indicatore l’acquisto, lo shopping. Pare che tutte le strade che portano alla felicità portino ai negozi. Ciò sottopone il sistema economico, e più in generale il nostro pianeta, ad una pressione enorme. Ciò è disastroso per le nuove generazioni; è evidente che stiamo vivendo al di sopra dei nostri mezzi, sulle spalle dei nostri figli. Possiamo trovare delle alternative alla crescita della produzione e dei consumi per trovare soddisfazione, in definitiva per essere felici? Ciò è necessario se non vogliamo distruggere il nostro habitat e generare fenomeni catastrofici come le guerre.
I livelli attuali di consumo sono già insostenibili dal punto di vista ambientale ed anche economico. L’idea della prosperità al di fuori delle trappole del consumo infinito viene considerata un’idea per pazzi o per rivoluzionari. Jackson dice che ci sono delle alternative: le relazioni, le famiglie, i quartieri, le comunità, il significato della vita. Ci sono enormi risorse di felicità umana che non vengono sfruttate. La maggior parte delle politiche realizzate nel mondo dai governi va esattamente nella direzione opposta. Queste politiche raramente vanno al di là della prossima scadenza elettorale, raramente guardano a ciò che succederà fra 20 o 30 anni.
Assistiamo ad un processo di mercificazione e commercializzazione della moralità. I mercati sono abituati ad orientare i bisogni umani, bisogni che in passato non erano soddisfatti dal mercato. Questo è ciò che io indico con l’espressione ‘commercializzazione della moralità’. Il nostro reale
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venerdì 28 agosto 2015
Festival EcoFuturo: siamo noi i veri Bilderberg! di Michele Dotti - Il Fatto Quotidiano
Beh, magari non proprio esattamente uguali… però qualcosa in comune effettivamente l’abbiamo. Se non diamo peso al fatto che loro si incontrano a porte chiuse e operano in modo a dir poco opaco, mentre noi siamo aperti a tutti e ci muoviamo in modo trasparente. Se non si considera che loro fanno tutto per i propri interessi privati, mentre noi ci impegniamo per il bene comune. Ignorando per un attimo il fatto che in nome di questi interessi sono disposti a sacrificare i diritti umani, la pace, l’ambiente e le culture, mentre noi siamo animati proprio dalla tutela e dalla promozione di questi ultimi. Se vogliamo ignorare la differenza fra chi considera la diversità un problema, o addirittura una minaccia, e chi – come noi – la ritiene un valore imprescindibile.
Mettendo per un istante fra parentesi il fatto che per loro le uniche categorie per comprendere la realtà sono quelle dell’individualismo, della competitività e dell’omologazione, mentre per noi sono fondamentali la socialità, la cooperazione e la creatività. A parte il fatto che i contenuti delle loro discussioni non sono mai registrati o riportati all’esterno, mentre noi trasmettiamo tutto in diretta
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giovedì 13 agosto 2015
Earth Overshoot Day: oggi 13 agosto è il giorno in cui l'umanità ha consumato il budget di natura disponibile per l'intero anno.
In campo ambientale altro che tagliare il debito, il rosso cresce anno dopo anno. Oggi abbiamo esaurito il capitale di cui potevamo disporre senza doverci far prestare risorse - con ben poche probabilità di restituirle - da chi verrà dopo di noi. L'Overshoot Day, il giorno in cui l'umanità ha consumato il budget di natura disponibile per l'intero anno, quest'anno scatta il 13 agosto. Lo ha calcolato il Global Footprint Network, uno dei più importanti centri studi sulla sostenibilità.
L'anno scorso il giorno di inizio del debito era il 19 agosto. Nel 2000 cadeva ai primi di ottobre. Bisogna tornare alla fine degli anni Sessanta per trovare in pareggio il bilancio tra consumo e risorse rinnovabili. Gli ultimi decenni sono stati devastanti: il ritmo del saccheggio è andato crescendo in maniera violenta. Andiamo avanti tagliando più alberi di quelli che possono ricrescere, mangiando più pesci di quelli che si riproducono, emettendo più gas serra di quelli che l'atmosfera è in grado di assorbire senza alterare il sistema climatico che gli esseri umani hanno da sempre conosciuto: oggi in cielo c'è una concentrazione di anidride carbonica che non ha precedenti in epoca umana.
Per questo, alla vigilia della conferenza sul clima che si terrà a Parigi a dicembre, Mathis Wackernagel, presidente del Global Footprint Network, ha lanciato un appello: "L'accordo globale
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